Ritroviamo sempre dei nostri pensieri nei libri

La gente ha paura di dire quello che pensa. Perché se ne vergogna. Specie se capita di farsi delle domande bislacche, ma belle. Tipo perché certe cose vanno in un modo anziché in un altro. E vorrebbe inalberarsi un attimo, ma non lo fa. Vive molto più tranquillamente se si associa al pensiero comune, che poi è l’interpretazione ufficiale della realtà, il bugiardino delle relazioni umane. Invece, chi ha pensieri sghembi e si permette addirittura di esprimerli, si complica la vita.
Rischia di non piacere, di essere frainteso e rifiutato. Di offendere, addirittura. È per questo che le persone nascondono quel che pensano, e in questo modo finiscono per fare quello che non vogliono (e poi non si piacciono). […] Funziona così anche nell’amore, dove si tace molto più di quanto si dica. Persino nell’amicizia, che dovrebbe essere il luogo dove la parola non conosce inibizioni e divieti. Ci censuriamo continuamente per paura di deludere, offendere, restare soli. Non difendiamo i nostri pensieri e li svendiamo per poco o niente, barattandoli con la dose minima di quieto vivere che ci lascia in quella tollerabile infelicità che non capiamo nemmeno di cosa sia fatta, esattamente.
Siamo piuttosto ignoranti in materia d’infelicità, soprattutto della nostra.
È per via di questa reticenza che quando ritroviamo i nostri pensieri nei libri, sembra che ce le tolgano di bocca tutte le parole. Allora, li rivalutiamo. Ci viene voglia di riprenderli, di difenderli. In un certo senso, cominciamo a parlare.

 

Ritroviamo sempre dei nostri pensieri nei libri, citazione di Diego De Silva, estratta dal libro Mancarsi.

Ritroviamo sempre dei nostri pensieri nei libri
Photo: Lacie Slezak

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